mercoledì, settembre 12, 2007
ATTENTI A QUEI DUE! Non è solo il titolo di una fortunata serie di telefilm, ma anche il monito che dobbiamo tenere presente, in questo periodo oscuro della politica italiana. I "due" di cui parlo, sono Beppe Grillo e Paolo Ferrero: il primo è un ex-comico (visto che non fa più ridere da un quarto di secolo), campione mondiale di populismo ed esperto galattico in demagogia applicata, mentre il secondo è, ahinoi, un ministro della repubblica, capace di raggiungere vette di irresponsabilità mai toccate da nessun altro suo predecessore (il che è tutto dire). Che squallore! Sulla pecoreccia oratoria di Grillo, preferisco soprassedere; quello che mi preme sottolineare è la pericolosa battaglia portata avanti dal riccioluto genovese, visto che è molto facile sparare a zero sulle istituzioni democratiche, senza proporre alernative intelligenti, o peggio, blaterare di "parlamento pulito" e di "ineleggibilità" anche per chi è stato condannato solo in primo grado. Bravo, proprio quello che ci vuole, un bel modo di ripristinare la legalità nel nostro paese, attribuendo alla magistratura l'arma che serve per condizionare in toto il potere legislativo. Non sorprende che fra i pochi sostenitori delle baggianate di Grillo ci sia Di Pietro, un "politico" i cui equilibrati sistemi abbiamo già avuto modo di saggiare nel famigerato decennio di mani pulite. Che poi a farci la morale sia un pregiudicato per omicidio colposo plurimo, è francamente, esilarante, al limite del grottesco. Quindi, dal più profondo del cuore, a Grillo ed ai suoi grillini: VAFFANCULO!!! Un "consiglio" che estendo volentieri al "ministro" Ferrero che, in un momento di delirio comunista, ha invitato il popolo degli immigrati (clandestini) a scendere in piazza, contro il governaccio che così degnamente rappresenta, per pretendere (come se già non lo facessero e quasi sempre con protervia) più diritti; a scapito degli italiani , già costretti a tollerare l'illegalità diffusa, figlia della politica iresponsabile e scellerata (dei compagni di Ferrero), del tutto indegna di questo nome, che sta proiettando il ceto medio nell'indigenza. Quindi, caro ministro, raggiunga in piazza il Sig. Grillo, in modo che tutti gli italiani senzienti, possano esprimere liberamente, sia l'apprezzamento per la sua lodevole trovata che per il demagogico livore antipolitico dell'ex-comico genovese.
 
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sabato, settembre 01, 2007
Oggi ho deciso di postare, integralmente, lo lettera di un lettore del quotidiano "Italia Oggi", diretto da Franco Bechis. È lo sfogo di un italiano, ma residente da anni all'estero, che segue con attenzione la politica italiana via Internet. In particolare, uno sguardo a un'intervista concessa alla Cnbc dal premier Romano Prodi e un video del vicepremier Rutelli di "promozione" del turismo in Italia sono l'occasione per riflettere sul livello della classe politica italiana e sulle reali motivazioni dell'antipolitica. Non avrei mai pensato di cercare di utilizzare la stampa per spiattellare con un misto di vergogna e piacere, dato dal distorto senso di orgoglio che ci inonda quando si trovano il coraggio e la forza necessari per fare outing, i lati più privati della vita. Ma ormai è tutto un proclama di tradimenti, di verginità imposte dal rifiuto ecc ecc. E allora voglio uscire allo scoperto, e se me lo concede, proprio sulle pagine del Suo giornale e confessare al pubblico sperando che l'atto di condivisione porti qualche forma di sollievo. Ormai lo faccio tutti i giorni. Da mesi. Adesso forse un poco meno ma poco. Ma come minimo un giorno sì ed uno no. Devo riconoscerlo: ho sviluppato una dipendenza piena. E poi anche di quelle più brutte e vergognose, perché si intreccia con schegge di evidente masochismo. Il rito si ripete pressoché ogni mattina. Tra le 7 e 30 e le 8. Accendo il portatile, scarico la posta, lascio fluttuare il puntatore qualche secondo sulla barra dei preferiti, mi avvicino a Youtube...esito, cerco di resistere, ogni tanto mi controllo di mattina solo per poi far peggio di sera, e poi clicco. E lui arriva. E poco dopo anche l'altro. Sì, li chiamo io, li resuscito dalla galassia del web tutte le mattine. Fa male. Tanto. E io lo so. Fa male a me e sicuramente anche a chi mi sta intorno anche se non si vede subito. Come il fumo, ma in verità è molto peggio. "Here it comes CNBC exclusive Romano Prodi dalla Bartiromo" (Ecco in esclusiva Romano Prodi, ndr). Il banner lo identifica chiaramente: Romano Prodi - Italian Prime Minister. Non c'è possibilità che venga confuso come rappresentate politico di altro paese. Siamo inchiodati lì. Noi con lui. Parte la prima domanda. Il nostro nel giro di tre secondi sfoggia una mimica facciale che supera di gran lunga le imitazioni di Guzzanti e poi, ahimè, parla. Le sopracciglia si inarcano, il collo si allunga per un attimo e comincia il suono, il biascicare incomprensibile. La Bartiromo, grandissima professionista, lo guarda con calma, lo sguardo fisso sul capo di gabinetto, concede il tempo necessario a chi, evidentemente, sta affrontando un compito difficilissimo. Di fronte ad espressioni del tipo «leaders do not speak each other, I always speak clear...» ("I politici non parlano mai tra di loro, io parlo sempre chiaro", ndr) la professionalità anglosassone non si scompone, anzi annuisce garbatamente. Prodi, come il bambino alle interrogazioni delle medie, pensa che allora sta facendo bene...Meglio di quanto avesse mai potuto sperare, e si dice "Ma questa mi capisce, continua a farmi le domande, mi fa sì con la testa, ma allora sono bravo..." e sull'onda dell'entusiasmo "the guy plays it cool" ("Se la cava alla grande", ndr). Si rilassa. Cambia la postura. Prima tutto chino in avanti gomiti sul tavolo, adesso tutto buttato indietro sullo schienale della sedia..."laid back", e come tutti quelli che non parlano le lingue si concentra sulle parole che sa e che ripete in un tentativo di pietoso "self reinforcing process" (autorafforzamento, ndr) della propria competenza linguistica e allora giù con... «absolllutely, I am concernnned, concernnned, concerned» ("assolutamente, mi preoccupo, preoccupo, preoccupo", ndr), fino a lasciarsi andare sulle discese più ripide ed allora ci prova anche con «muslim» ("musulmano", ndr), ma non gli viene, poverino. IL PATOIS DELLA MORTADELLA Il retaggio del gergo e della pronuncia del "mortadella drawl" impedisce inesorabilmente la vittoria dell'insidioso vocabolo che viene tranciato e modificato in un simpatico "musim" con esse sibilante e vibrante, prolungata quel tanto che basta per assicurare risate ai colleghi americani che al detto passaggio mi chiedono sempre "play it again come on" e giù risate. Anche io rido. Guardo e rido. Anzi, rido più forte degli altri, perché così spero di rendere chiara a tutti la mia non appartenenza, l'assoluta non comunanza con il politico e il mondo che rappresenta, con quel fare goffo e crasso da provincia politica italiana assolutamente incapace di leggere e interpretare gli ambienti nei quali si muove, con la presunzione inaccettabile di potersi proporre sempre e comunque, perché tanto chissenefrega, l'importante è sapere di essere stati e poi dire di essere stati su CNBC. Dalla Bartiromo. E poi se si è fatta una figura caprina, e soprattutto se la si è fatta fare all'intero paese, poco importa. Incompetenza, strafottenza assoluta, mancanza di umiltà e autocritica e di preparazione tecnica. Ecco quello che si sprigiona con tragica ilarità da quei cinque minuti di video. In cinque minuti il dramma di un Paese, il nostro, che raggiunge poi le profondità più oscure dell'abisso con 44 secondi di video di Rutelli che dal portale del "turismo italiano unito" con fare da begger (mendicante, ndr) implora in modo stentato, ridicolo, penoso e patetico il mondo intero di venirci a visitare ...«buttt pleeezz comme to visitt Ittaly» ("per favore, venite a visitare l'Italia"). Ma dico, con più di un miliardo di consulenze che il governo spende a destra e manca, in assoluta mancanza di trasparenza, e soprattutto in mancanza di voglia di trasparenza, non potevano trovare la bella annunciatrice con padronanza della lingua e mandare lei in video? No, ci vuole andare Rutelli, che sicuramente riguardandosi in video si dirà: "Però, mica male, vero?" Quelli che ho menzionato sono per lo scrivente i due episodi che meglio sintetizzano lo sfascio della nostra politica. Non c'è nemmeno bisogno di arrivare all'analisi dei contenuti. Basta la tragicità della forma per capire che i contenuti andranno di pari passo. Eh sì, perché non avere alcun barlume dello stato disgraziato della forma con la quale ci si presenta, con la quale si ha il coraggio di andare in giro a rappresentare un paese la dice lunga, lunghissima, sullo stato culturale, morale e civico dei soggetti che ciò fanno. E io quei video sono costretto a guardarli da un processo compulsivo, ossessivo e masochista del quale, come detto, non riesco a trovare ragione. E perciò....outing. Io guardo e ascolto le castronerie di Prodi e Rutelli tutti i giorni. Perché? Non lo so. PROFESSIONISTI E POLITICA Lavoro da anni per uno studio legale "non italiano". All'estero ho partecipato a moltissimi incontri con rappresentanze politiche sia di destra che sinistra (per semplificare...). Rarissime, ma si ci sono state - e anche di livello -, le occasioni in cui ho avuto modo sentire qualcuno parlare in inglese accettabile. I professionisti italiani che lavorano all'estero sono tantissimi, e oltre a chiare competenze linguistiche (quasi mai limitate al solo inglese), ne hanno tantissime altre, e nonostante un sistema universitario che certo non ci dà un edge competitivo, anche solo per l'età con la quale di media entriamo nel mondo del lavoro, riusciamo ad affermarci con riconosciuti apprezzamenti sul terreno degli ospiti. E ogni volta, immancabilmente, alla fine di un incontro con il politico di turno ci chiediamo come sia possibile. Come è possibile che ci troviamo sempre in imbarazzo di fronte ai colleghi che in sede di meeting, riunione, incontro, presentazione con le nostre rappresentanze politiche, non ci guardano in faccia e alla fine non chiedono e fanno commento per risparmiarci l'imbarazzo. E la lingua non è il solo problema. Non penso che la modifica del sistema elettorale potrà portare non solo a una soluzione ma nemmeno a un avanzamento concreto dello stato delle cose. L'espressione di una preferenza personale porterà con sé una maggiore accountability del soggetto indicato dall'elettore? Mettiamo anche che dovesse funzionare. Ma il vaglio sulle capacità dei candidati, sul loro dovere di rimanere capaci e anche più capaci degli altri come verrà verificato prima e garantito dopo? Sì, lo so. Se il soggetto si sarà dimostrato incapace non lo rieleggeremo più. E intanto? Per cinque anni gli eletti potranno mandare alla rovina il paese come stanno facendo i soggetti al governo adesso? Il sentimento dell'antipolitica, la visione populista che fa coincidere la politica con il Male si manifesta e ruggisce in concomitanza di e contro vessazioni di Stato come quella fiscale, che oggi tiene banco ma trova le sue radici vere in un comune denominatore che giace più a fondo. La consapevolezza della pochezza, dell'inettitudine, dell'inadeguatezza di chi ci rappresenta e di chi si propone di farlo. Tanto a destra quanto a sinistra...ancora per semplificare. Per poter iniziare a lavorare e poi avanzare assumendo ruoli e competenze importanti nelle società bisogna dar prova di aver già messo in tasca delle qualità, del know-how, che possano, presumibilmente, garantire che quel determinato soggetto sarà in grado di assolvere alle proprie mansioni ed espletarle con la dovuta capacità e competenza tecnica. Per le attività in proprio la prova delle abilità e delle competenze arriva ancora prima, implacabile, scaraventata lì dal mercato che non chiede i permessi di agire ma ti presenta subito il conto della tua bravura o inettitudine. Nel mondo reale non ha alcun senso par-lare di dovere di aggiornamento. L'aggiornamento costante è sentito e riconosciuto come un meccanismo salva vita. Come la Beghelli. O riesci a farlo o prima o poi sai che sarai fuori. ACCESSO AL PARLAMENTO La globalizzazione, la necessità di essere più competitivi, più preparati e meglio organizzati è approdata ormai in ogni dove almeno a livello di consapevolezza. Poi c'è chi agisce di conseguenza e chi no. In politica invece la situazione è distinta. Lì la consapevolezza, il porsi la domanda "Ma sono e potrò essere all'altezza dei miei compiti?" è ancora da sdoganare. Perché? La prima barriera all'entrata in politica di soggetti non capaci, non adeguati, non all'altezza dovrebbe essere in primis la coscienza del singolo: "If I am a big pirla I'd better stay home" ("Se sono un bel pirla, meglio che stia a casa", ndr). Non è così. Come fare? Come tenere fuori dal recinto gli incapaci, quelli che, anche volessero, non potrebbero comunque contribuire alcunché? Il disprezzo per la politica, per la casta in quanto tale, il formarsi di un pregiudizio che poi diventa sentenza non appellabile da parte del cittadino passa, prima e molto prima che dalle problematiche fiscali che oggi campeggiano sui giornali, dalle male figure di Prodi e Rutelli con l'inglese, dagli sperperi sulle auto blu, dalle incredibili dichiarazioni di Cosimo Mele che dice «è stato un incidente, ma almeno io ho avuto il coraggio di mettermi in piazza» - eroe! -, dalle ancor più inaccettabili dichiarazioni di Cesa che elabora un proposta che di fatto giustifica e ratifica la condotta del membro di partito (Se avesse avuto i soldi per stare a Roma con la moglie non sarebbe stato "costretto" ad andare in outsourcing...). Non ho letto, tra l'altro, alcun documento di apprezzamento per la proposta di Cesa da parte di tutte le consorti dei parlamentari dell'Udc con loro espressione di commosso ringraziamento per la qualifica di funzione così galantemente attribuita loro dal gentil Lorenzo. Lasciando da parte le problematiche morali o moralizzatrici dell'accaduto, si dica al contribuente come il Mele ha regolato o intendeva regolare il suo "balance due" con la provider capitolina? Con i risparmi di quando era piccolo, con una vincita al totocalcio o con l'emolumento parlamentare e quindi con i soldi nostri? Ma è sempre stato così, sicuramente, ne siamo certi, non è l'unico e che vuoi fare? Ma il problema, l'antipolitica è proprio qui. È la consapevolezza che tanto poi non succede e non succederà nulla, indipendentemente dal sistema elettorale in vigore. Siamo sicuri che un cambio del sistema elettorale sarà di per sé sufficiente a stroncare la pessima, insopportabile arrogante abitudine, una volta eletti, di sistemare gli amici con le consulenze con gli incarichi negli enti e società a partecipazione pubblica? L'antipolitica riverbera sui volti dei Portaportitsti che, soprattutto quando a confronto con tematiche di politica o economia che valicano i confini nazionali, trasudano il provincialismo e la miopia più becera. In America succede così, in Inghilterra hanno fatto cosà, ecc ecc. Frasi ripetute a pappagallo dove è facile, per i tanti che all'estero vivono e lavorano, riconoscere la banalità e la superficialità del dialogo. E si cambia canale. L'antipolitica, il rifiuto del partito dell'organizzazione attuale dello Stato, il pensiero bossiano - o bosniaco? -del c'è la prima volta per il fucile, fermenta nei dati di una giustizia che non è minimamente in grado di tutelare la collettività, nelle grida del ministro competente che dice "ma mica li ho tirati fuori io", salvo poi che chi taglia le cime della barca dell'amico viene beccato, processato e ingabbiato a tempo record. E allora ha ragione Laporta. Il primo passo della secessione è dimenticare. Dimenticare lo Stato del quale si fa a meno appena si può. (vedi "Italia Oggi" del 25 agosto) L'essenza dello Stato, del vivere civile, non trova il culmine della sua espressione nel pronto e preciso pagamento dell'obolo fiscale, come mi pare di capire sostiene il lettore "consulente del lavoro" del quale, mi scuso, ho dimenticato il nome. Non è nella voglia tutta italiana di non pagare le tasse, di fare lo sciopero fiscale che giace il focolaio del pericolo democratico e della rivoluzione populista. (ma quando mai...se c'è un popolo che non farà mai la rivolta armata è il nostro). La voglia di non pagare le tasse assicuro che la si trova diffusa in tutti gli ordinamenti, nazioni, popoli e persino villaggi d'alta quota, dove l'aria è pura ed il cioccolato sempre a portata di mano. Da anni verso il mio obolo di sangue all'interno del tax department di una struttura multinazionale. TASSE E SERVIZI Ho lavorato ormai più o meno ovunque, e le tasse sono sempre troppe ed ingiuste dappertutto. E, caro consulente del lavoro, si paga a fronte di una consideration, di uno scambio, il mio, ripeto, mio, denaro per il servizio pubblico. E le richieste di servizio, gli scrutini ai quali il medesimo è sottoposto e la pretesa ferma, decisa e senza compromessi del buon funzionamento è molto ma molto più forte all'estero che non in Italia. Non è nella voglia o non voglia dell'adempimento fiscale, nel sentire o nel non sentire il dovere civico, la spinta solidale per il bene comune che dobbiamo andare a cercare la conferma, la cartina di tornasole del buon funzionamento della cosa pubblica o, di contro, la minaccia per la sua esistenza. La politica fiscale è appunto una politica, una delle funzioni attraverso le quali si attua una visione (elaborata appunto da chi ha capacità di vedere, organizzare ed attuare) di soddisfacimento e garanzia dei bisogni e dei diritti fondamentali del cittadino che non deve annullarsi e scomparire nel suo ruolo di contribuente. Prima cittadino e poi, anche, contribuente: non il contrario. "The truth of the matter lays elsewhere". ("Il vero problema è altrove", ndr; questa per Rutelli che così si esercita). Vedo e sento, con il conforto dei tanti colleghi italiani che vivono all'estero, perché con quelli io vivo e lavoro (o il contrario), una esigenza più profonda. Che agli stakeholders dello Stato siano garantiti amministra- tori almeno potenzialmente competenti e preparati per le sfide che il futuro pone. Almeno in teoria si deve poter arrivare all'attivo a fine anno. Come dice un amico/collega "politicians have always lagged behind, now they are just behind". ("I politici sono sempre rimasti indietro, ora sono semplicemente indietro"). IL COSTO MARGINALE DI CARUSO Chiedere di riempire Camera, Senato e ministeri con soggetti visionari è sicuramente utopico ma chiedere la presenza di soggetti che sappiano confrontarsi col mondo di oggi e ne stiano al passo è nostro dovere. La questione non è essere d'accordo o meno con le dichiarazioni di Caruso o Heidi Giuliani sulla Legge Biagi. Caruso e la Giuliani non ce li possiamo permettere. Ci costano troppo in termini di incapacità e improduttività. Ma quali credenziali hanno per stare lì? Per parlare? Ah sì, sono stati votati. Beh non basta più. Il Partito Comunista in Cina ha istituito un apparato di formazione centrale, ovviamente, con frequenza obbligatoria per i 300 "top" funzionari di partito, quelli che manovrano le funzioni chiave dell'economia. Il partito invita, e sicuramente paga, nomi insigni dell'economia, della finanza e del management da tutte le migliori istituzioni di formazione superiore d'America ed Europa. La formazione è obbligatoria. Sono certo che per non attendere non sia sufficiente presentare il certificato medico. ("Der Spiegel", n. 3, 15.1.07, pag. 94) Incredibile ma vero. Uno dei programmi che segnano un impegno e una visione politica avanzata ci viene dal partito comunista cinese. Ancora una volta quello che più apprezzo e più mi colpisce è la consapevolezza dell'esistenza dei problemi, del cambiamento dei tempi e quindi, necessariamente, del modo di stare al mondo, la consapevolezza e voglia di aggiornarsi e di "self-expand" come dicono i colleghi. È la percezione di questa plateale, trasversale, onnipresente mancanza di visione, coraggio, intelligenza e grinta dei nostri politicanti (almeno quelle che si vedono di più, i Porta a Porta men, quelli che arrivano in qualche modo anche sulla stampa estera) che getta il seme più fecondo dell'antipolitica; è il dibattito sempre sterile e piccino, da cortile sia nei modi che nei pensieri che getta quintali di sconforto. Ma avete mai visto come se le cantano e se le suonano gli MPs nella "camera bassa"? Prima se ne alza uno e bastona come un matto. L'opponente zitto e seduto non proferisce verbo finché l'altro non ha finito e poi scatta su e comincia lui con un girandola di mazzate verbali sparate a una velocità tale che ai nostri politici servirebbero sei mesi per metter giù bene bene, prendendo appunti, quello che gli anglosassoni si dicono in 2 minuti. E da noi invece? Con gli striscioni, le magliette, le urla fuori campo, uno dorme l'altro telefona. Mai visto uno che si addormenta a un Board Meeting? Che fare quindi? Fino a tempi migliori dimenticare lo Stato - se si può - e chiedere alla politica, fino a quando provi di aver superato i dovuti corsi di aggiornamento e l'idoneità a sfornare uomini e donne o transgenders capaci e abili, di, come scriveva già Raffaello Vignali (presidente Compagnia delle Opere, cdr) sulle pagine di Italia Oggi, non intralciare. Al quale Vignali Franco Bechis rispose: «Insomma si vive. Basta lasciar nascer crescere e vivere...». Ecco. Almeno questo chiedo all'establishment. Non ti immischiare. 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