Pechino, primavera del 1989: dal 15 aprile intellettuali, studenti e semplici operai manifestano contro la tirannide comunista. Il 4 maggio sono addirittura in 100mila a marciare per le strade della Capitale chiedendo più libertà per i media e un dialogo tra la direzione del Partito e la società civile. La protesta si espande durante la visita di Gorbacev a diciannove anni dal gelo diplomatico con l'Urss: centinaia di migliaia di cinesi scendono in piazza in oltre 300 città. Nemmeno la proclamazione pubblica della legge marziale convince i manifestanti ad arrendersi. La notte tra il 3 e il 4 giugno l'esercito inizia quindi a muoversi dalla periferia verso Piazza Tienanmen aprendo il fuoco contro chiunque si oppone. Secondo la Croce Rossa muoiono 2600 persone e 30.000 rimangono ferite.
Pechino, 3 giugno 2009: a vent'anni dalla strage di piazza Tienanmen se sulla sezione foto del motore di ricerca più utilizzato in Cina - Baidu - si digita "4 giugno", si può leggere come risultato questo messaggio: "La ricerca non si attiene alle leggi". Nella sezione video invece, "Nessun video corrisponde alla tua ricerca".
Molti giornalisti sono stati arrestati per aver fatto riferimento al massacro. Tra questi c'è Shi Tao, che nel 2004 è stato condannato a 10 anni di prigione per aver mandato un'email in cui parlava dell'anniversario della strage. La morsa della censura non è più in grado di controllare totalmente internet, ma sulla vicenda di piazza Tienanmen vige ancora il silenzio assoluto.
Per il ventesimo anniversario della protesta culminata in mattanza, Reporters senza frontiere lancia delle richieste molto precise al governo cinese: