Oggi niente polemiche. Niente strali contro il latrante esecutivo ma... solo silenzio. Ieri si è spento uno degli ultimi rappresentanti di un calcio che, purtroppo, non esiste più. A soli 64 anni se n'è andato Giacinto Facchetti, ci ha lasciato un grande uomo, prima che un immenso campione, una persona che ha sempre fatto della discrezione e della correttezza uno stile di vita. Specchio di un calcio pulito e senza grilli per la testa, è morto come ha vissuto, in punta di piedi; quei piedi che hanno regalato ai tifosi interisti (e non solo) emozioni irripetibili, accarezzando palloni sin da quando, ragazzino, sognava di calpestare i campi della Serie A. Pochi sono riusciti a farlo infuriare e fra questi ci sono sicuramente i due manigoldi (vedi Moggi e Giraudo) che hanno imbrattato il mondo che più amava, che hanno ridotto i principi di lealtà sportiva, che per lui erano il fondamento etico di un atleta ed ai quali si è sempre attenuto, a poco più di un malinconico bisbiglio. Chi ti ha sbeffeggiato, affibiandoti l'appellativo di "brindellone" mai riuscirà a capire cosa significhi essere uomo, nel senso più profondo del termine e delle sue arroganti parole (più che delle sue azioni) dovrà, prima o poi, rispondere ad un tribunale che non fa sconti e non condona. A noi resta la consolazione di sapere che ora la nazionale degli angeli ha un nuovo capitano. Addio Gaicinto.