In fine, sono partite le "olimpiadi della vergogna", concesse alla nazione più sanguinaria del globo terracqueo (oltre cinquemila esecuzioni nel 2007), dove i diritti umani sono inesistenti, la democrazia è pura utopia e il regime detta le sue assurde regole, infiltrandosi in ogni aspetto della vita dei suoi cittadini/sudditi. Che dire della, tanto decantata, cerimonia d'apertura, per la quale anche molti giornalisti occidentali si sono prodigati in lodi ed applausi? Una palla indicibile, degna delle peggiori dittature (probabilmente a Berlino '36, si respirava la stessa atmosfera ammorbante); gran profusione di bambini, per distrarre anche il più strenuo paladino dei diritti umani dal fatto, ineluttabile, che stesse assistendoa ad una parata stile militare, camuffata da festa dello sport. Che dire, poi, del risibile appello ambientalista, lanciato proprio dalla nazione più sudicia, inquinata ed inquinante del pianeta? Perfetta ciliegina sulla torta di una manifestazione (sportiva?) che, mi auguro, si riveli un flop senza precedenti, perchè: Non si gioca con i diritti umani!
P.S. Leggete e meditate le parole pronunciate da Zhang Yimou, il regista di pellicole famose care all’Occidente, come della faraonica inaugurazione dei Giochi. I diritti umani rendono l’Occidente debole e inefficiente, non gli consentono di raggiungere gli elevati standard organizzativi e artistici di cui sono capaci i cinesi. Questo, ha detto. Solo l’ordine, l’ubbidienza, la dedizione assoluta che il regime cinese e quello nordcoreano sono in grado di spremere dalle masse assicurano arte e armonia. Figurarsi, gli occidentali hanno i sindacati e le pause pranzo, ha aggiunto. Sbagliate, se considerate tali giudizi come discutibili eccessi di un artista. L’arte del terrore in cui eccellono i regimi totalitari è lo spettacolo della schiavitù. Le loro Olimpiadi sono la trasposizione delle arene dei gladiatori. Se i cinesi vincono solo ori e pochissimi argenti, è frutto non solo di anni di allenamento. È il panico delle conseguenze di deludere le autorità, che conferisce agli atleti del regime la feroce dedizione di arrivare primi oppure nulla.