Sono passati vent'anni dalla scomparsa di Enzo Tortora, protagonista, suo malgrado, della più vergognosa pagina di malagiustizia della storia italiana. L'incredibile vicenda che lo vide protagonista, non sembra aver insegnato niente, visti i recenti comportamenti di magistratura ed organi d'informazione. Oggi, come allora, la magistratura sembra perseguire fini inconfessabili, mentre la stampa (sinistrorsa, in particolare) ne amplifica i misfatti ed insegue nemici immaginari (inventandosene di nuovi, all'occasione). A Tortora non fu mai perdonato di essere un colto, quasi aristocratico, anticonformista (con simpatie liberali), di inossidabili principi socratici. Si diede così ascolto alle interessate fandonie di camorristi pluriassassini e si mise il "mostro" in prima pagina (e in galera), con una leggerezza che sconcerta. La peggior giornalista che abbia mai calpestato il suolo italico, Camilla Cederna (nda)*, all'indomani del suo arresto, ebbe a scrivere "Se lo hanno arrestato in piena notte, qualcosa di male avra' fatto"; con la consueta spocchia e l'inattaccabile convinzione (tipica dei prezzolati rossi) di essere la tenutaria della verità assoluta e quindi autorizzata a porsi sopra il prossimo che non condivide le sue idee. Certo Tortora, a differenza della Cederna, credeva Pinelli (e non Calabresi) un terrorista, quindi, avere la possibilità di rovesciargli addosso una tonnellata di letame, sarà stata un'occasione ghiotta per lei e per altri redattori in eskimo. Purtroppo, duole ammetterlo, la completa assoluzione di Tortora e quindi la sconfessione dei giustizialisti e la profonda umiliazione dell'apparato giudiziario non sono serviti a cambiare il vizietto forcaiolo di certi giornalisti che si abbeverano alla fonte inesauribile dei pubblici ministeri. L'abitudine di delegittimare l'avversario politico con indegne campagne stampa non si è sopito, anzi ha trovato nuova linfa, attraversando il periodo oscurantista di "mani pulite"; durante il quale si è abdicato alle più elementari regole dello stato di diritto, in favore delle "manette tintinnanti", giungendo sino ai nostri giorni, quasi indenne. Basta vedere quello che è accaduto pochi giorni fa, dopo l'assalto ad alcuni negozi romani gestiti da stranieri (al Pigneto) da parte di delinquenti incappucciati: Titoloni sul razzismo scoppiato in Italia, sproloqui sulla presunta xenofobia dei romani (colpevoli di aver cacciato "er piacione", preferendogli Alemanno, alle ultime elezioni) e fiumi di "approfondimenti" dei soliti soloni sinistri, pronti ad appigliarsi ad ogni pretesto per far capire agli italiani che non si può votare il centrodestra e passarla liscia. La cosa, tragicomica, è che i titoli di Repubblica «Raid neonazista al Pigneto», gli articoli de l'Unità «rivincite neofasciste sul filo della discontinuità repubblicana», «nulla è più politico del vento fetido della violenza di strada che si organizza in giustizieri della notte e bande di energumeni dediti alla pulizia etnica e di ogni altra diversità dalla pura razza ariana» e tutte le scemenze scritte dagli altri teorici del socialismo reale, si sono rivelati un boomerang, quando la Polizia ha scoperto che l'ideatore del "raid" era un "compagno" di mezz'età con tanto di tatuaggio del "Che". Hahaha... ci sarebbe da rotolarsi per terra dal ridere se non fosse triste dover sottolineare, ancora una volta, la pochezza intellettuale di questi livorosi relitti della sinistra che conta (anzi, che contava). A far da sponda alle masturbazioni mentali dei vari Padellaro, ci pensa la magistratura di Napoli, che, proprio l'indomani dall'inizio di una difficilissima normalizzazione dell'esplosiva situazione rifiuti nella regione Campania, scodella una serie di arresti ed avvisi di garanzia, con un tempismo che insospettirebbe anche S. Francesco. Povero Enzo (Tortora, nda), sei morto invano, e questo mi riempie di indescrivibile tristezza.
* Tanto per essere chiari, Camilla Cederna è, a mio avviso, corresponsabile morale della morte del Commissario Calabresi, del quale scrisse cose infami: «Siamo stati troppo teneri con il commissario di Ps Luigi Calabresi. Egli si permette di continuare a vivere tranquillamente, di continuare a fare il suo mestiere di poliziotto, di continuare a perseguitare i compagni... e il proletariato ha già emesso la sua sentenza: Calabresi è responsabile dell'assassinio di Pinelli e Calabresi dovrà pagarla cara». Che qualcuno, nel clima di continuo scontro politico dell'epoca, desse credito a simili deliranti istigazioni a delinquere, è comprensibile, ma che ora (nel 2008) ci sia chi ventili, impossibili, legittimazioni di tali nefandezze è, assolutamente, inaccettabile.