«l'occupazione di scuole e università. L'occupazione non è una dimostrazione di libertà o un fatto democrazia, ma è violenza verso gli altri». Questo l'estratto di una dichiarazione del premier, Silvio Berlusconi, sul tema della crescente insofferenza dei "collettivi rossi" e pecoroni al seguito, alla ventilata riforma Gelmini. Inoltre, ha aggiunto: «L'ordine deve essere garantito. Lo Stato deve fare il suo ruolo, garantendo il diritto degli studenti che vogliono studiare di entrare nelle classi e nelle aule». Parole che, in qualsiasi altro paese civile, sarebbero state accolte con favore e che nessuno si sarebbe mai sognato di contestare. In Italia?!? Apriti cielo! I soliti inutili sinistri, da Veltroni a Di Pietro, passando per Violante (ma non era andato in pensione?), supportati dai media asserviti alla causa rossa, si sono subito adoperati per imbastire una polemica ansiogena, quanto ridicola. Purtroppo, come ho già avuto modo di segnalare in passato, l'aria marcia di '68 comincia a diventare irrespirabile. Troppo ghiotta l'occasione, per i "trombati" dal popolo, ma irriducibili assetati di poltrone, di esercitarsi nel loro sport preferito; schierare le truppe d'assalto in Kefia e bandiera rossa - quei collettivi studenteschi, no-global, ragazzotti imberbi pronti a tutto pur di saltare una lezione - all'okkupazione, la violenza (sempre meno verbale e più fisica) e la delegittimazione del governo (sgradito) liberamente eletto. Vogliamo ripetere così stupidamente gli errori del recente passato, i cui disastri stiamo ancora pagando? Vogliamo caricare sulla schiena di nostri figli e nipoti un altro sciagura collettiva, fotocopiando per loro i "formidabili anni" di Capanna e della sua generazione di sconsiderati? Bene, allora, sottovalutiamo pure i primi, inequivocaboli, segnali di degenerazione della polemica politica e beviamo d'un fiato le idiozie preconfezionate, che i professionisti della falce e martello ci serviranno per legittimare la loro nuova "rivoluzione democratica".